L’arte della guerra
Dietro la parata del 2 Giugno
Manlio Dinucci
Quella del 2 giugno non è stata una parata militare, anzi
nemmeno una parata, ma una «rassegna»: lo sostiene il ministero della Difesa
che ne ha curato la regia (ultimo atto della ministra Pinotti).
La sfilata ai Fori Imperiali – di fronte al nuovo governo
appena insediato – è stata simbolicamente aperta da 330 sindaci in
rappresentanza della società civile, seguiti da tutti i settori delle Forze
armate, per celebrare la «Festa degli Italiani – Uniti per il Paese». Nel suo messaggio il Presidente della Repubblica
Mattarella ha espresso la gratitudine del popolo italiano alle Forze armate per
«la preziosa opera che svolgono in tante travagliate regioni del mondo per
l'assistenza alle popolazioni gravate dai conflitti», in base alla «nostra
Carta Costituzionale, architrave delle Istituzioni e supremo riferimento per
tutti».
Man mano che i reparti sfilavano, venivano elencate le
missioni militari in cui le Forze armate italiane sono impegnate in oltre 20
paesi: dal Kosovo all’Iraq e all’Afghanistan, dal Libano alla Libia e alla
Lettonia, dalla Somalia a Gibuti e al Niger. In altre parole, venivano elencate
le guerre e le altre operazioni militari cui l’Italia ha partecipato e
partecipa, violando la propria Costituzione, nel quadro della strategia
aggressiva ed espansionista USA/NATO. Le operazioni militari all’estero, in cui l’Italia è
impegnata, sono in continuo aumento.
Oggi 5 giugno, su incarico della NATO, cacciabombardieri
italiani Eurofighter Typhoon cominciano a «proteggere» insieme a quelli greci
lo spazio aereo del Montenegro, ultimo entrato nella Alleanza. Cacciabombardieri
italiani già «proteggono» i cieli di Slovenia, Albania ed Estonia dalla
«minaccia russa». Navi da guerra italiane si apprestano a salpare per il
Pacifico, dove parteciperanno alla Rimpac 2018, la più grande esercitazione
navale del mondo cui prenderanno parte, sotto comando Usa, le marine militari
di 27 paesi in funzione anti-Cina (accusata dagli USA di «espansione e
coercizione» nel Mar Cinese Meridionale). Forze speciali italiane hanno partecipato in Niger a una
esercitazione del Comando Africa degli Stati uniti, sponsorizzata dall’Unione
europea, in cui sono stati addestrati circa 1900 militari di 20 paesi africani.
In Niger, dove gli Usa stanno costruendo ad Agadez una grande base per droni armati e forze speciali, l’Italia si appresta a costruire una base destinata a ospitare inizialmente 470 militari, 130 mezzi terrestri e 2 aerei.
Scopo ufficiale dell’operazione, ostacolata da opposizioni
all’interno del governo nigerino, è aiutare il Niger e i paesi limitrofi a
combattere il terrorismo. Scopo reale è quello di partecipare, sulla scia di
Francia e Stati uniti, al controllo militare di una regione ricchissima di
materie prime – oro, diamanti, uranio, coltan, petrolio e molte altre – di cui
nemmeno le briciole vanno alla popolazione che vive per la maggior parte in
povertà estrema. Col risultato che cresce il dramma sociale e di conseguenza
anche il flusso migratorio verso l’Europa. Il nuovo governo intende «rivalutare la nostra presenza
nelle missioni internazionali sotto il profilo del loro effettivo rilievo per
l’interesse nazionale». Per farlo, occorre però stabiire quale sia l’interesse
nazionale. Ossia se l’Italia debba restare all’interno di un sistema di guerra
dominato dagli Usa e dalle maggiori potenze europee, o ne debba uscire per
essere un paese sovrano e neutrale in base ai principi della propria
Costituzione.
Politica interna e politica estera sono due facce della stessa
medaglia: non ci può essere reale libertà all’interno se l’Italia, sovvertendo
l’Articolo 11, usa la guerra come
strumento di offesa alla libertà degli altri popoli.
il manifesto, 5
giugno 2018
NO WAR NO NATO
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