Scorrendo
i titoli della stampa mainstream occidentale, e subito dopo, passando
dall’altro lato dello specchio, per confrontarli con gli effettivi avvenimenti,
si può avere l’impressione che i propagandisti americani, e tutti
quelli che li seguono in scia, stanno impegnando tutta la loro potenza per
trovare pretesti per un intervento militare di qualunque genere, sia attraverso
la fornitura di armi al cadavere delle forze armate ucraine, o inscenando
sfilate di equipaggiamento e soldati americani nella città quasi completamente
russa di Narva, in Estonia, a poche centinaia di metri dal confine russo,
o schierando “consiglieri” USA in zone dell’Iraq per la
maggior parte controllate da milizie islamiche.
Gli instancabili sforzi di rinfocolare l’isteria che c’era
nel periodo della Guerra Fredda, di fronte ad una Russia peraltro preoccupata e
sostanzialmente passiva, sembrano del tutto spropositati rispetto all’effettiva
minaccia militare che quest’ultima rappresenta. (Sì, in Ucraina entrano
volontari e munizioni dal confine russo, ma più o meno è tutto ciò che
succede). Più a sud, gli sforzi per rovesciare il governo siriano, aiutando e
armando gli islamisti radicali sembra che stiano fallendo completamente.
Si tratta del solito schema, no? Quale intervento militare americano negli
ultimi anni non si è risolto in un fiasco? Che il fallimento
non sia solo una possibilità, ma il vero obiettivo desiderato?
Diamo uno sguardo al passato. L’Afghanistan, dopo la più
lunga campagna militare nella storia degli USA, sta per essere restituito ai
Talebani. L’Iraq non esiste più come stato sovrano, ma è stato diviso in tre
pezzi, tutti e tre controllati da estremisti islamici. L’Egitto è stato
riformato democraticamente e adesso è una dittatura militare. La Libia è uno
stato defunto nel pieno di una guerra civile. L’Ucraina sarà presto in una
condizione simile; è stata ridotta in tempo record a livelli da Terzo Mondo –
meno di un anno. In seguito al rovesciamento del suo governo, lo Yemen ha
cessato di essere un alleato degli USA. Più vicino a casa, le cose stanno
andando così bene nel Guatemala, nell’Honduras e a El Salvador, stati
dell’America Centrale sotto il dominio USA, che da quei paesi arriva una marea
di rifugiati che tentano di entrare negli Stati Uniti, nella speranza di
trovarvi una qualche protezione.
Ci sono due modi per interpretare questo panorama di
fallimenti. Uno è che l’intera dirigenza USA sia quanto di peggio immaginabile
per competenza, e non riesce a fare nulla di buono. Un altro invece è che loro
non hanno successo per un motivo completamente diverso: non hanno successo
perché in realtà i risultati non hanno importanza. Si
capisce che, se il fallimento fosse un problema, ci sarebbero degli stimoli da
parte di un settore della classe dirigente, e quegli stimoli potrebbero
ottenere il risultato di generare almeno qualche volta qualche episodio di
successo. Ma se il fallimento non rappresentasse un problema, e invece fosse
proprio il risultato cercato, allora vedremmo esattamente quello che adesso
abbiamo sotto gli occhi.
Si può obiettare che il problema sia il campo
circoscritto nel quale si verifica il fallimento. Questo spiegherebbe
l’atteggiamento bellicoso nei confronti della Russia, accusata di ambizioni
imperiali (la Russia non ha interesse in nuove espansioni territoriali), la
demonizzazione di Vladimir Putin (che è concreto e benvoluto) e comportamenti
provocatori lungo i vari confini russi (vagamente offensivi ma non realmente
preoccupanti per la Russia). Si potrebbe obiettare dicendo che tutte le
precedenti vittime della politica estera USA – l’Afghanistan, l’Iraq, la Libia,
la Siria e perfino l’Ucraina – sono troppo piccole perché diano luogo ad un
fallimento abbastanza grande da soddisfare l’appetito americano. La Russia,
d’altro canto, specialmente se incoraggiata nell’idea di contrastare una nuova
specie di fascismo all’Americana, ha la capacità di procurare alla politica
estera USA una débâcle a confronto della quale tutte le precedenti scompaiono.
Gli analisti hanno fornito varie spiegazioni per
l’iperattivo ed esagerato militarismo americano. Ecco le prime tre:
1. Il governo USA è stato “catturato” dal complesso
militare-industriale, che richiede di essere riccamente finanziato. I motivi
per ottenere questo risultato, sono creati artificiosamente. Sembra, in
effetti, che ci sia una spinta alla produzione di armi e schieramenti di
eserciti , ma non sarebbe più efficace semplicemente rubare i soldi
tralasciando di costruire gli armamenti? Deve esserci qualcos’altro
dietro.
2. L’atteggiamento militare USA è stato concepito per
assicurare il completo dominio americano sull’intero pianeta. Purtroppo,
“completo dominio” suona un po’ come “successo”, quando ciò che vediamo in
realtà è un completo fallimento. Di nuovo, l’ipotesi non regge alla prova dei
fatti.
3. Gli USA agiscono militarmente per difendere lo status
del dollaro come riserva valutaria globale. Il problema è che il dollaro sta
lentamente ma inesorabilmente perdendo la sua attrattiva come valuta di
riserva, basta vedere come Cina e Russia si stiano muovendo il più velocemente
possibile nella direzione di alleggerirsi delle loro riserve in dollari,
accumulando oro in loro vece. Il fatto vero è che non servono forze armate
gigantesche per mandare giù per il water una valuta nazionale, quindi, ancora,
ci dev’essere qualcos’altro dietro.
Sono state date tante altre teorie, ma nessuna di queste
in realtà spiega che il vero scopo di questo militarismo sembra essere il
fallimento.
E se magari la spiegazione fosse più semplice?
Vediamo che ne pensate di questa:
Gli USA hanno consegnato la loro sovranità a una banda di
oligarchi finanziari. Non avendo nessuno cui rendere conto, questo gruppo di
potere americano (e per certi versi internazionale) ha mandato in rovina le
finanze del paese, creando livelli insostenibili di indebitamento, distruggendo
i risparmi e il sistema previdenziale, svalutando la moneta e così via. La fine
inevitabile del gioco è che la FED (d’accordo con le banche centrali di altre
“economie avanzate”) arriverà a comprare tutte le emissioni di debito sovrano
con moneta appositamente stampata, e ciò inevitabilmente condurrà a
iperinflazione e bancarotta dello Stato. Finora una serie molto speciale di
eventi ha impedito il verificarsi di quest’eventualità, ma ciò non significa
che non accadrà, perché è quello che succede alla fine, sempre.
Ora, supponiamo che un’oligarchia finanziaria si sia
impossessata del controllo del paese e, non essendo in grado di controllare i
propri appetiti, lo stia portando alla rovina. Avrebbe allora senso per la
suddetta oligarchia, avere a disposizione un qualche genere di piano di
sicurezza per quando crollerà l’intero castello di carta finanziario.
Idealmente, questo piano dovrebbe eliminare qualunque possibilità di rivolta
delle masse oppresse, e consentire all’oligarchia di mantenere in sicurezza il
possesso della propria ricchezza. La pace va bene finché si può placare il
popolino con panem et circenses, ma quando una calamità finanziaria
provoca una voragine economica e panem et circenses scarseggiano, una
possibilità a portata di mano è la guerra.
Qualunque motivo andrà bene, siano terroristi stranieri,
la Grande e Malvagia Russia, o gli alieni dallo spazio. Il successo
militare non è importante, il fallimento va ancora meglio del successo per il
mantenimento dell’ordine, poiché rende possibile l’imposizione di varie misure
d’emergenza per la sicurezza. Hanno già avuto luogo varie “sessioni di allenamento”
come l’occupazione militare di Boston in seguito alla messa in scena delle
bombe alla maratona. L’infrastruttura di sorveglianza e il complesso
industrial-carcerario parzialmente privatizzato sono già in grado di porre in
stato di detenzione gli indesiderabili. Un fallimento davvero enorme,
regalerebbe la motivazione perfetta per passare all’economia di guerra,
all’imposizione della legge marziale, alla soppressione del dissenso, alla
messa fuori legge delle attività politiche “estremiste” e così via.
Pertanto, forse dovremo aspettarci proprio questo. Il
crollo finanziario è già in preparazione, ed è solo questione di tempo perché
si manifesti, e precipiti in un collasso commerciale in cui tutte le catene di
forniture mondiali smetteranno di funzionare. Si resisterà al collasso
politico, e il modo per farlo sarà iniziare più guerre possibili, che producano
una grossa ricaduta di fallimenti da utilizzare come motivazione per ogni
genere di “misure d’emergenza”, tutte indirizzate a un solo fine: sopprimere la
ribellione e mantenere al potere il ceto oligarchico. Al di fuori degli USA
sembrerà che gli Americani distruggano qualunque cosa: Stati, beni materiali,
passanti innocenti, perfino se stessi (perché si sa, a prima vista anche questo
funziona). Da fuori, guardando gli Stati Uniti dall’altra parte degli specchi
oscurati, sembrerà un Paese impazzito; ed è già così. Dentro la sala degli
specchi, ci si vedrà come i valenti difensori della libertà che combattono
nemici implacabili per tutto il mondo. La maggior parte delle persone resterà
tranquilla a sventolare le loro bandierine.
Però io mi azzarderei ad ipotizzare che ad un certo punto
il fallimento si trasformerà in meta-fallimento: l’America fallirà anche nel
suo intento di fallire. Spero che ci sia qualcosa che possiamo fare per
contribuire affinché questo fallimento accada il più presto possibile.
*****
Articolo apparso su Club
Orlov il 3/3/2015, traduzione in italiano a cura di Mario B. per
Sakeritalia.it
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