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Thursday, January 14, 2016

DIMITRY ORLOV -- Il crollo finanziario che conduce alla guerra

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Scorrendo i titoli della stampa mainstream occidentale, e subito dopo, passando dall’altro lato dello specchio, per confrontarli con gli effettivi avvenimenti, si può avere l’impressione che  i propagandisti  americani, e tutti quelli che li seguono in scia, stanno impegnando tutta la loro potenza per trovare pretesti per un intervento militare di qualunque genere, sia attraverso la fornitura di armi al cadavere delle forze armate ucraine, o inscenando sfilate di equipaggiamento e soldati americani nella città quasi completamente russa di Narva, in Estonia, a poche centinaia di metri dal confine russo,  o schierando  “consiglieri” USA  in zone dell’Iraq per la maggior parte controllate da milizie islamiche.


Gli instancabili sforzi di rinfocolare l’isteria che c’era nel periodo della Guerra Fredda, di fronte ad una Russia peraltro preoccupata e sostanzialmente passiva, sembrano del tutto spropositati rispetto all’effettiva minaccia militare che quest’ultima rappresenta.  (Sì, in Ucraina entrano volontari e munizioni dal confine russo, ma più o meno è tutto ciò che succede). Più a sud, gli sforzi per rovesciare il governo siriano, aiutando e armando gli islamisti radicali sembra che stiano fallendo completamente.  Si tratta del solito schema, no? Quale intervento militare americano negli ultimi anni non si è risolto in un fiasco? Che il fallimento non sia solo una possibilità, ma il vero obiettivo desiderato?

Diamo uno sguardo al passato. L’Afghanistan, dopo la più lunga campagna militare nella storia degli USA, sta per essere restituito ai Talebani. L’Iraq non esiste più come stato sovrano, ma è stato diviso in tre pezzi, tutti e tre controllati da estremisti islamici. L’Egitto è stato riformato democraticamente e adesso è una dittatura militare. La Libia è uno stato defunto nel pieno di una guerra civile. L’Ucraina sarà presto in una condizione simile; è stata ridotta in tempo record a livelli da Terzo Mondo – meno di un anno. In seguito al rovesciamento del suo governo, lo Yemen ha cessato di essere un alleato degli USA.  Più vicino a casa, le cose stanno andando così bene nel Guatemala, nell’Honduras e a El Salvador, stati dell’America Centrale sotto il dominio USA, che da quei paesi arriva una marea di rifugiati che tentano di entrare negli Stati Uniti, nella speranza di trovarvi una qualche protezione.

Ci sono due modi per interpretare questo panorama di fallimenti. Uno è che l’intera dirigenza USA sia quanto di peggio immaginabile per competenza, e non riesce a fare nulla di buono. Un altro invece è che loro non hanno successo per un motivo completamente diverso: non hanno successo perché in realtà i risultati non hanno importanza. Si capisce che, se il fallimento fosse un problema, ci sarebbero degli stimoli da parte di un settore della classe dirigente, e quegli stimoli potrebbero ottenere il risultato di generare almeno qualche volta qualche episodio di successo. Ma se il fallimento non rappresentasse un problema, e invece fosse proprio il risultato cercato, allora vedremmo esattamente quello che adesso abbiamo sotto gli occhi.

Si può obiettare che il problema sia il campo circoscritto nel quale si verifica il fallimento. Questo spiegherebbe l’atteggiamento bellicoso nei confronti della Russia, accusata di ambizioni imperiali (la Russia non ha interesse in nuove espansioni territoriali), la demonizzazione di Vladimir Putin (che è concreto e benvoluto) e comportamenti provocatori lungo i vari confini russi (vagamente offensivi ma non realmente preoccupanti per la Russia). Si potrebbe obiettare dicendo che tutte le precedenti vittime della politica estera USA – l’Afghanistan, l’Iraq, la Libia, la Siria e perfino l’Ucraina – sono troppo piccole perché diano luogo ad un fallimento abbastanza grande da soddisfare l’appetito americano. La Russia, d’altro canto, specialmente se incoraggiata nell’idea di contrastare una nuova specie di fascismo all’Americana, ha la capacità di procurare alla politica estera USA una débâcle a confronto della quale tutte le precedenti scompaiono.

Gli analisti hanno fornito varie spiegazioni per l’iperattivo ed esagerato militarismo americano. Ecco le prime tre:

1. Il governo USA è stato “catturato” dal complesso militare-industriale, che richiede di essere riccamente finanziato. I motivi per ottenere questo risultato, sono creati artificiosamente. Sembra, in effetti, che ci sia una spinta alla produzione di armi e schieramenti di eserciti , ma non sarebbe più efficace semplicemente rubare i soldi tralasciando di costruire gli armamenti?  Deve esserci qualcos’altro dietro.

2. L’atteggiamento militare USA è stato concepito per assicurare il completo dominio americano sull’intero pianeta. Purtroppo, “completo dominio” suona un po’ come “successo”, quando ciò che vediamo in realtà è un completo fallimento. Di nuovo, l’ipotesi non regge alla prova dei fatti.

3. Gli USA agiscono militarmente per difendere lo status del dollaro come riserva valutaria globale. Il problema è che il dollaro sta lentamente ma inesorabilmente perdendo la sua attrattiva come valuta di riserva, basta vedere come Cina e Russia si stiano muovendo il più velocemente possibile nella direzione di alleggerirsi delle loro riserve in dollari, accumulando oro in loro vece. Il fatto vero è che non servono forze armate gigantesche per mandare giù per il water una valuta nazionale, quindi, ancora, ci dev’essere qualcos’altro dietro.

Sono state date tante altre teorie, ma nessuna di queste in realtà spiega che il vero scopo di questo militarismo sembra essere il fallimento.

E se magari la spiegazione fosse più semplice?  Vediamo che ne pensate di questa:

Gli USA hanno consegnato la loro sovranità a una banda di oligarchi finanziari. Non avendo nessuno cui rendere conto, questo gruppo di potere americano (e per certi versi internazionale) ha mandato in rovina le finanze del paese, creando livelli insostenibili di indebitamento, distruggendo i risparmi e il sistema previdenziale, svalutando la moneta e così via. La fine inevitabile del gioco è che la FED (d’accordo con le banche centrali di altre “economie avanzate”) arriverà a comprare tutte le emissioni di debito sovrano con moneta appositamente stampata, e ciò inevitabilmente condurrà a iperinflazione e bancarotta dello Stato. Finora una serie molto speciale di eventi ha impedito il verificarsi di quest’eventualità, ma ciò non significa che non accadrà, perché è quello che succede alla fine, sempre.

Ora, supponiamo che un’oligarchia finanziaria si sia impossessata del controllo del paese e, non essendo in grado di controllare i propri appetiti, lo stia portando alla rovina. Avrebbe allora senso per la suddetta oligarchia, avere a disposizione un qualche genere di piano di sicurezza per quando crollerà l’intero castello di carta finanziario. Idealmente, questo piano dovrebbe eliminare qualunque possibilità di rivolta delle masse oppresse, e consentire all’oligarchia di mantenere in sicurezza il possesso della propria ricchezza. La pace va bene finché si può placare il popolino con panem et circenses, ma quando una calamità finanziaria provoca una voragine economica e panem et circenses scarseggiano, una possibilità a portata di mano è la guerra.

Qualunque motivo andrà bene, siano terroristi stranieri, la Grande e Malvagia Russia, o gli alieni dallo spazio.  Il successo militare non è importante, il fallimento va ancora meglio del successo per il mantenimento dell’ordine, poiché rende possibile l’imposizione di varie misure d’emergenza per la sicurezza. Hanno già avuto luogo varie “sessioni di allenamento” come l’occupazione militare di Boston in seguito alla messa in scena delle bombe alla maratona. L’infrastruttura di sorveglianza e il complesso industrial-carcerario parzialmente privatizzato sono già in grado di porre in stato di detenzione gli indesiderabili. Un fallimento davvero enorme, regalerebbe la motivazione perfetta per passare all’economia di guerra, all’imposizione della legge marziale, alla soppressione del dissenso, alla messa fuori legge delle attività politiche “estremiste” e così via.

Pertanto, forse dovremo aspettarci proprio questo. Il crollo finanziario è già in preparazione, ed è solo questione di tempo perché si manifesti, e precipiti in un collasso commerciale in cui tutte le catene di forniture mondiali smetteranno di funzionare. Si resisterà al collasso politico, e il modo per farlo sarà iniziare più guerre possibili, che producano una grossa ricaduta di fallimenti da utilizzare come motivazione per ogni genere di “misure d’emergenza”, tutte indirizzate a un solo fine: sopprimere la ribellione e mantenere al potere il ceto oligarchico. Al di fuori degli USA sembrerà che gli Americani distruggano qualunque cosa: Stati, beni materiali, passanti innocenti, perfino se stessi (perché si sa, a prima vista anche questo funziona). Da fuori, guardando gli Stati Uniti dall’altra parte degli specchi oscurati, sembrerà un Paese impazzito; ed è già così. Dentro la sala degli specchi, ci si vedrà come i valenti difensori della libertà che combattono nemici implacabili per tutto il mondo. La maggior parte delle persone resterà tranquilla a sventolare le loro bandierine.

Però io mi azzarderei ad ipotizzare che ad un certo punto il fallimento si trasformerà in meta-fallimento: l’America fallirà anche nel suo intento di fallire. Spero che ci sia qualcosa che possiamo fare per contribuire affinché questo fallimento accada il più presto possibile.

*****

Articolo apparso su Club Orlov il 3/3/2015, traduzione in italiano a cura di Mario B. per Sakeritalia.it

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